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Avvocati: aumentati i diritti di copia e di certificato. In allegato la nuova tabella del Ministeroby Studio Legale Padula

Via Arenula ha aggiornato gli importi dei diritti di copia e certificato in base alle variazioni degli indici Istat

di Marina Crisafi – Con decreto n. 7/2015, pubblicato nella G.U. di martedì (n. 149/2015), il Ministero della Giustizia ha aumentato i diritti di copia e di certificato. L’aumento è frutto delle disposizioni del Testo Unico delle spese di giustizia (d.p.r. n. 115/2002) che prevedonol’adeguamento, ogni tre anni, degli importi dei diritti in base alle variazioni, accertate dall’Istat, dell’indice dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati.

Rilevato che tali variazioni sono aumentate nel triennio considerato (2011-2014) del 4,4%, via Arenula ha ritenuto di dover adeguare gli importi.

In base all’adeguamento effettuato, pertanto, il nuovo importo del diritto di certificato passa a 3,84 euro (in luogo dei precedenti 3,68).

Quanto ai diritti di copia, senza certificazione di conformità, variano da un minimo di 0,96 euro (per documento fino a 4 pagine) a un massimo di 15,38 euro (dalle 51 alle 100 pagine), più 6,41 euro per ogni ulteriori 100 pagine o frazione di 100.

Per le copie autentiche, invece, si parte da 7,69 euro per gli atti da 1 a 4 pagine fino a un massimo di 19,23 euro, per gli atti da 51 a 100 pagine (oltre a 7,69 euro in più per ogni ulteriori 100 pagine). Gli importi, come specificato in tabella, sono ottenuti sommando il diritto di copia forfetizzato con quello fisso di certificazione di conformità, in base alla variabile del numero di pagine.

Subito sotto i due link per scaricare il decreto e la tabella in PDF

Scarica il dm Giustizia n. 7/2015 
Scarica la tabella dei nuovi diritti di copia e certificato 

Fonte: Avvocati: aumentati i diritti di copia e di certificato. In allegato la nuova tabella del Ministero
(www.StudioCataldi.it)

Rc auto: se il danno supera il valore del mezzoby Studio Legale Padula

 Come si liquida il danno se la riparazione risulta antieconomica.

di Valeria Zeppilli – Frequentemente accade che, a seguito di un incidente stradale, l’autovettura coinvolta subisca danni che superano il proprio valore, come emergente dalle quotazioni ufficiali.
In tal caso si suole parlare di riparazione cd. antieconomica.

Il risarcimento per equivalente

A fronte di tale circostanza, le assicurazioni tendono a non risarcire il danno effettivamente subito dall’autovettura ma il valore del mezzo ante-sinistro.

In buona sostanza, al risarcimento in forma specifica, che consiste nella rimozione delle conseguenze dannose derivanti dal sinistro attraverso la corresponsione al danneggiato della somma ritenuta necessaria per le riparazioni, si sostituisce il risarcimento per equivalente, consistente, invece, nella corresponsione al danneggiato di una somma pari al valore del mezzo prima del sinistro.
Trova applicazione l’art. 2058 del codice civile, in base al quale, anche a fronte della richiesta da parte del danneggiato della reintegrazione in forma specifica, il giudice può disporre il risarcimento per equivalente qualora la prima risulti eccessivamente onerosa per il debitore e non costituisca la modalità più conveniente di rimediare al danno cagionato.
È, in sostanza, ostacolato l’arricchimento senza causa del danneggiato.

La “notevole” differenza tra valore del mezzo e danno subito

Occorre precisare che, in concreto, l’orientamento giurisprudenziale prevalente tende a non rinvenire l’eccessiva onerosità della riparazione sempre nel caso in cui il valore commerciale del mezzo sia inferiore all’ammontare richiesto per il ripristino dello status quo ante, ma solo laddove tale valore sia notevolmente inferiore all’importo necessario per le riparazioni: solo in questo caso, infatti, si può dire di essere di fronte ad un onere eccessivo per il danneggiante e ad una lucupletazione del danneggiato. In tal senso si vedano, ad esempio, Cass. n. 21012/2010, Cass. n. 1721/2012 e Cass. n. 24718/2013.

Elementi che influenzano la valutazione di antieconomicità della riparazione

Oltretutto, nel valutare l’antieconomicità della riparazione non è possibile prescindere da una serie di fattori ulteriori che contribuiscono a determinare in concreto se una riparazione sia antieconomica o no.
Il valore del mezzo ante-sinistro, infatti, va maggiorato delle spese di immatricolazione di una nuova autovettura o del passaggio di proprietà in caso di acquisto di un’autovettura usata, del fermo per il reperimento della nuova autovettura e del bollo e dell’assicurazione che non sono stati goduti, oltre che delle spese di demolizione del relitto, detratto l’eventuale valore del relitto stesso, nonché del trasporto dell’auto al demolitore se questa non è marciante.

Ottime condizioni del veicolo

Peraltro spesso accade che il veicolo, sebbene abbia in astratto un valore ante-sinistro inferiore rispetto all’importo necessario per provvedere alla riparazione, nel concreto si trovi in ottime condizioni e abbia una particolare funzionalità, che non lo rendono agevolmente sostituibile con altro veicolo teoricamente paragonabile.
Dando prova dello stato del veicolo (ad esempio attraverso fatture di revisione, fotografie, chilometraggio basso, etc.) il danneggiato potrà in questi casi vedere riconosciuto il proprio diritto al risarcimento in forma specifica.

Fonte: Rc auto: se il danno supera il valore del mezzo
(www.StudioCataldi.it)

Il nuovo atto di precetto dopo il decreto “anti credit crunch”. In allegato la guida aggiornata e il fac-simileby Studio Legale Padula

Il d.l. n. 83/2015 entrato in vigore il 27 giugno scorso modifica anche il contenuto dell’atto di precetto. In allegato il testo del decreto

di Marina Crisafi – Tra le diverse novità contenute nel decreto c.d. “anti credit crunch” approvato dal Governo il 23 giugno scorso che vanno ad incidere, ancora una volta, sulla procedura esecutiva, con l’obiettivo ultimo di accorciare i tempi del recupero dei crediti, evitando al contempo, l’aggravamento delle situazioni di crisi (leggi: “Governo: ok al “pacchetto banche”. Ecco le novità sulle procedure concorsuali”), rileva anche la modifica alla formula dell’atto di precetto che si arricchisce di una nuova dicitura.

La riforma, infatti (ex art. 13), va a novellare il 2° comma dell’art. 480 c.p.c., dedicato alla “forma del precetto”, prevedendo un nuovo adempimento formale per il creditore, il quale è tenuto ad avvertire il debitore che può concludere con i creditori un accordo di composizione della crisi o proporre un “piano del consumatore”, con l’ausilio di un “organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice”.

Si tratta, com’è evidente, di una previsione concepita sia a vantaggio del debitore, che potrà cercare di porre rimedio, come recita la nuova disposizione “alla situazione di sovraindebitamento”, potendo trovare una soluzione che gli consenta di pagare i propri debiti, sia a vantaggio del creditore che, grazie all’aiuto di un professionista o di un organismo ad hoc, ha maggiori possibilità di vedere soddisfatte le proprie istanze. 

Il nuovo avvertimento, pertanto, dovrà essere obbligatoriamente inserito dal creditore all’interno dell’atto, unitamente agli altri previsti dall’art. 480 c.p.c. (indicazione delle parti, data di notifica del titolo, se è fatta separatamente, trascrizione integrale se richiesta dalla legge, dichiarazione di residenza o elezione domicilio dell’istante nel comune in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione).

Vai alla formula aggiornata dell’atto di precetto

Vai alla guida aggiornata sul precetto

Scarica il decreto legge n. 83/2015 

Fonte: Il nuovo atto di precetto dopo il decreto “anti credit crunch”. In allegato la guida aggiornata e il fac-simile
(www.StudioCataldi.it)

Avvocati attenzione: troppe ore seduti, in studio, davanti al computer, aumentano l’ ansiaby Studio Legale Padula

Secondo la ricerca di un’università australiana stare troppo seduti al lavoro, davanti al pc, fa aumentare gli stati ansiogeni

di Marina Crisafi – Che la vita sedentaria non faccia bene alla salute fisica è un fatto notorio ma che possa nuocere anche alla mente è una novità. A rivelarlo è una recente analisi, condotta da un gruppo di ricercatori del Centre for Physical Activity and Nutrition Research della Deakin University, in Australia, secondo la quale stare troppo seduti, al lavoro davanti al pc aumenta il rischio di soffrire di ansia.

Stando ai risultati dell’analisi, pubblicati sulla rivista Bmc Public Health, infatti, esiste un’associazione tra attività che comportano poco dispendio energetico, come stare seduti appunto, e il rischio di sviluppare forme ansiogene.

L’idea  di indagare sul legame tra l’ansia e la sedentarietà, come spiegato da Megan Teychenne, capo del gruppo di ricerca, è nata dall’osservazione che, negli ultimi anni, all’aumento degli stili di vita sedentari tipici della modernità è corrisposta una parallela crescita dei sintomi ansiosi.

Per capire se entrambi i fattori fossero collegati, gli studiosi australiani hanno effettuato nove tipi di analisi, relative ai diversi comportamenti sedentari, tra cui in primis lo stare seduti per motivi di lavoro, davanti al computer, ma anche per guardare la TV, per giocare i videogiochi oppure per l’uso dei mezzi pubblici.

I risultati, in tutti i casi, non hanno lasciato adito a dubbi evidenziando come i comportamenti sedentari in genere, e nello specifico lo stare seduti, fossero associati a un maggiore rischio di ansia.

Tuttavia, ancora non è detta l’ultima parola: la ricerca, infatti, come precisato dalla stessa Teychenne, ha dimostrato soltanto che esiste un’associazione positiva tra i due fattori, ma bisogna capire se è la sedentarietà che provoca l’ansia o, viceversa, se è questa a spingere verso la prima.

Perciò per confermare i risultati della review serviranno indagini più approfondite sul tema, peraltro, di vitale importanza, stando ai ricercatori, per disporre di strumenti e strategie in grado di prevenire e contrastare un fenomeno, estremamente dannoso per la salute.

Nell’attesa, chi non può evitare di stare troppo tempo seduto, per ragioni di lavoro, davanti a un computer, farà bene a procurarsi una seduta ergonomica, così perlomeno anche se correrà il rischio di veder aumentare la propria ansia, potrà farlo comodamente.

Fonte: Avvocati attenzione: troppe ore seduti, in studio, davanti al computer, aumentano l’ansia
(www.StudioCataldi.it)

Autovelox “incostituzionali”: in arrivo una pioggia di ricorsiby Studio Legale Padula

Dopo la sentenza della Consulta, le associazioni dei consumatori scendono in campo contro le multe prodotte dagli autovelox non sottoposti a verifiche

di Marina Crisafi – Com’era prevedibile, la sentenza della Corte Costituzionale n. 113/2015 che ha bocciato la legittimità delle multe prodotte dagli autovelox senza verifiche e tarature periodiche (leggi “Nullo il verbale per eccesso di velocità che non riporta la data di revisione dello strumento di rilevazione“) sta già producendo i suoi effetti.

Affilando le armi, infatti le associazioni dei consumatori scendono in campo e annunciano una pioggia di ricorsi per l’annullamento delle multe elevate agli utenti.

Per il Codacons, è evidente l’assoluta illegittimità delle migliaia e migliaia di contravvenzioni elevate per eccesso di velocità e, pertanto, “sarà possibile ottenerne l’annullamento – spiega il presidente Carlo Rienzi, ove – i Comuni non abbiano eseguito la manutenzione prevista dalla Corte Costituzionale”.

E dall’associazione si preparano ad affrontare le oltre 8mila amministrazioni nel mirino, con azioni finalizzate ad ottenere il rimborso per le infrazioni registrate dagli apparecchi non a norma.

Dal canto suo, l’Adusbef invita i consumatori che non hanno ancora pagato ad aspettare perché sta predisponendo un modulo scaricabile da inviare all’autorità che ha emanato la multa per chiederne l’annullamento in autotutela.

Un’altra sentenza, dunque, ricca di ricadute negative sui conti pubblici (più in termini di entrate anziché di uscite), andando a gravare sulle casse dei Comuni (per lo meno i più attivi in termini di multe) togliendo una rilevante voce del bilancio che in media frutta 1,2 miliardi all’anno.

Tuttavia, prima di cestinare la multa o fare ricorso, bisogna fare attenzione. Occorre, infatti, tenere a mente che la sentenza della Consulta non colpisce tutti i verbali: la stessa va a sanzionare soltanto gli autovelox “presidiati”, quelli cioè “impiegati sotto il controllo costante degli operatori di polizia stradale” che, in virtù del d.m. 29 ottobre 1997 non venivano sottoposti a controlli periodici.

La seconda “famiglia”, invece, quella degli apparecchi automatici piazzati sulle strade italiane non è finita sotto la lente della Consulta perché di regola sono sottoposti a verifiche, in attuazione dei principi fissati dal Ministero delle Infrastrutture nel 2005, ad integrazione del d.m. 1997.

La Corte ora ha equiparato i controlli per tutti gli apparecchi, affermando l’illegittimità della norma (art. 45, comma 6, Cds) che non prevede i controlli e la taratura periodica per tutti gli autovelox, ripartendoli appunto tra quelli automatici, soggetti a verifiche periodiche, e quelli usati dagli agenti, esentati.

Per capire a quale delle due “famiglie” appartiene l’apparecchio utilizzato ai fini della rilevazione dell’infrazione, in genere basta leggere il verbale: se la stessa è stata accertata dalla pattuglia si dovrebbe trattare dell’autovelox presidiato, viceversa, se l’apparecchio è automatico, oltre ai riferimenti di legge che lo autorizzano dovrebbero esserci indicazioni in merito al tratto in cui sono stati inseriti. Laddove, invece, nulla fosse riportato nel verbale, si potrà chiedere all’autorità che ha emanato la multa.

Questo per le contravvenzioni già elevate, perché per quelle future i Comuni dovranno allegare ai verbali per le multe da autovelox anche l’attestazione indicante la data dell’ultima taratura eseguita, a pena di impugnazione degli automobilisti.

Fonte: Autovelox “incostituzionali”: in arrivo una pioggia di ricorsi
(www.StudioCataldi.it)

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