Archive for Aprile, 2015

Agenzia delle Entrate: online nomi e C.V. dei dirigenti senza concorsoby Studio Legale Padula

La stessa Agenzia delle Entrate ha predisposto un database, all’insegna della trasparenza, in cui si possono trovare, per ordine alfabetico, tutti i dirigenti in capo all’ente. Sarà quindi facile per il contribuente reperire il nominativo, e pure il curriculum, del funzionario dirigente sottoscrittore della cartella esattoriale notificatavi, al fine di verificare se rientri nei 767 dirigenti “illegittimi” interessati dalla recente sentenza della Corte costituzionale.

Click per l’elenco completo: Dirigenti-agenzia-entrate-privi-di-potere

Abbiamo già parlato della recente sentenza della Corte costituzionale[1] che ha dichiarato illegali le nomine, senza previo concorso, a dirigente di funzionari delle agenzie fiscali e tributarie. La conseguenza, tanto esaltante per molti contribuenti quanto traumatizzante per l’Agenzia delle Entrate, è che per i destinatari delle cartelle esattoriali emesse negli ultimi anni potrebbe sussistere l’illegittimità dell’atto in origine per la mancanza dei necessari poteri in capo al funzionario emittente; in altre parole numerose procedure di accertamento e di verifica fiscale in corso sarebbero da mandare all’aria.

Del resto la legge sul pubblico impiego parla chiaro, stabilendo la nullità dell’assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore al di fuori di una trasparente procedura di selezione interna, come deve avvenire nei contratti pubblici [2].

Trattandosi di 767 funzionari della sola Agenzia delle Entrate, su un totale di 1200 funzionari dirigenti interessati dalla pronunzia, capirete la rilevanza e l’importanza della questione.

Ovviamente l’Agenzia delle Entrate sostiene la validità di tutti i documenti emanati dall’ente, non potendo però negare la possibilità per i contribuenti di impugnare, sulla base della sentenza della Consulta, i provvedimenti delle cartelle esattoriali per inesistenza della carica di dirigente del funzionario emittente.

Veniamo allora alle indicazioni pratiche. Vi abbiamo già segnalato [3], l’elenco dei dirigenti senza poteri. Ma c’è anche un altro modo per risalire ai nomi dei dirigenti illegittimi e se il dirigente sottoscrittore della cartella esattoriale notificatavi rientri tra 767 interessati dalla sentenza della Corte costituzionale.

A questo link del sito della stessa Agenzia delle Entrate potete visualizzare il curriculum del dirigente semplicemente cliccando sulla lettera iniziale del cognome in un’apposita maschera alfabetica. Tramite questo database è possibile visualizzare in ordine alfabetico tutti i dirigenti in capo all’ente.

Pare che, intanto, indipendentemente dall’esito delle impugnazioni, il cui accoglimento porterebbe anche effetti collaterali non del tutto positivi per i contribuenti [4], il Ministero abbia preannunziato un nuovo concorso per dirigenti del fisco da portare a termine entro la fine dell’anno 2016.

[1] C. Cost. sent. n. 37 del 25 febbraio 2015, depositata il 17 marzo 2015. Nelle more del giudizio pendente innanzi al Consiglio di Stato, il legislatore, con Decreto Legge 2 marzo 2012, n. 16 “Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento” convertito in legge n. 44/2012, è intervenuto nel tentativo di porre rimedio alle conseguenze derivanti dalla sentenza del TAR Lazio che, su ricorso proposto dalla   “Federazione dei Funzionari delle elevate Professionalità dei Professionisti e dei Dirigenti delle Pubbliche Amministrazioni”, dichiarava l’invalidità di tutte le nomine dirigenziali senza il previo regolare concorso, annullando varie delibere e provvedimenti del’Agenzia delle Entrate, e pure il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 10. 9.2010, con i quali veniva “sanata” la posizione di una serie di funzionari che da anni svolgono funzioni dirigenziali senza averne la qualifica. Il Consiglio di Stato con sentenza 18 novembre 2013 sollevava allora questione di legittimità costituzionale di tale previsione di tale legge, la quale faceva salvi gli incarichi “già affidati” a funzionari privi di qualifica dirigenziale.

[2] D. Lgs. 30. 3.2001 n. 165 Testo unico sul Pubblico Impiego, art. 52 “Disciplina delle mansioni”.

[3] http://www.laleggepertutti.it/85218_agenzia-entrate-come-sapere-i-nomi-dei-dirigenti-senza-poteri

[4] http://www.laleggepertutti.it/84229_ricorsi-contro-lagenzia-delle-entrate-a-rischio-aumento-iva

FONTE: http://www.laleggepertutti.it/85863_agenzia-delle-entrate-online-nomi-e-c-v-dei-dirigenti-senza-concorso

Annullamento delle cartelle e degli accertamenti dell’Agenzia delle Entrate. Le prime sentenze dopo la Corte Costituzionale.by Studio Legale Padula

Annullamento delle cartelle e degli accertamenti dell’Agenzia delle Entrate. Le prime sentenze dopo la Corte Costituzionale.

dott.ssa Floriana Baldino

Arrivano le prime pronunce delle Commissioni tributarie che annullano gli atti firmati dai falsi dirigenti delle Agenzie delle Entrate dopo l’ormai nota sentenza n. 37/2015 della Corte costituzionale.

La prima sentenza in assoluto in realtà risale al 2013 ed annullò le cartelle emesse dall’Agente di riscossione a seguito di atti di iscrizione a ruolo di imposte firmati da soggetti privi del potere di sottoscriverli. Fu la CTP di Messina, con la sent. n. 128/2013 a decidere in tal senso.

Nel caso di specie, era successo che il tribunale del Lavoro, aveva sospeso l’efficacia di una delibera, Delibera n. 2010/180679 del 27.12.2010, di conferimento dell’incarico a dirigente nei confronti di un dipendente dell’Agenzia delle Entrate di Messina.

Nonostante ciò, il presunto Direttore continuava a firmare gli atti di iscrizione a ruolo dei tributi che divenivano poi cartelle esattoriali.

Il contribuente, che aveva ricevuto una cartella firmata dal falso dirigente, ha visto accogliere le eccezioni ivi sollevate nel suo ricorso e la sua cartella venne annullata.

Lo scandalo dei “falsi dirigenti nominati presso le Agenzie delle Entrate aveva fatto poi il giro d’Italia.

Oggi la storia si ripete anche dinanzi alla CTP di Milano, con la sentenza n. 3222/25/15, depositata il 10.04.2015, sentenza che ha trovato il totale accoglimento delle eccezioni sollevate dal contribuente.

In primis ed in via del tutto assorbente, il contribuente aveva eccepito l’ illegittimità dell’atto in relazione alla sottoscrizione dello stesso, apposta da soggetto non abilitato.

Si legge nella sentenza: “La ricorrente ha prodotto in giudizio ampia documentazione atta a comprovare che colui che ha firmato l’avviso di accertamento impugnato ………………. ma non era munito del potere di sottoscrivere gli atti in reggenza, così come stabilito dal D.P.R. 266/1987, articolo 20, comma 1, lett. a) e b).”

La sez. 25 della CTP di Milano ha accolto le ragioni del contribuente dando seguito a quanto stabilito dalla sent. n. 37 del 17 marzo 2015, della Ecc. Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 8, comma 24, D.L, 2 marzo 2012 n. 16 (conv. in L. 26 aprile 2012 n.44) per violazione degli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione.

La nullità dell’atto di accertamento sottoscritto da soggetto non dotato di una qualifica funzionale, coinvolge e travolge anche la successiva cartella di pagamento.

Anche il Governo sembrerebbe a favore del contribuente, infatti il premier Matteo Renzi, avrebbe escluso la possibilità di intervenire per decreto urgente.

Sembrerebbe dunque che non verranno ripristinate le cariche dei dirigenti assunti senza concorso e retrocessi a funzionari dalla sentenza della Consulta.

Articolo a cura della dott.ssa Floriana Baldino. Per contatti scrivere a florianabaldino@gmail.com

Fonte: Annullamento delle cartelle e degli accertamenti dell’Agenzia delle Entrate. Le prime sentenze dopo la Corte Costituzionale.
(www.StudioCataldi.it)

In arrivo l’abolizione del canone RAIby Studio Legale Padula

L’imposta più odiata dagli italiani potrebbe presto diventare un ricordo.
In un disegno di legge del Governo (la nuova Rai) è infatti inserito un articolo che potrebbe davvero rivoluzionare il servizio pubblico.
L’ipotesi è quella di finanziare la RAI attraverso un aumento della pubblicità così come avviene per le TV private.
Il ddl sarà esaminato dalla Commissione Trasporti al Senato e si prevedono di due alternative:

– L’eliminazione completa e graduale del canone Rai da attuare attraverso la rimozione il tetto massimo per le pubblicità in modo da consentire maggiori incassi alla TV pubblica;

– il mantenimento del canone il cui pagamento però sarebbe diluito nel tempo ed attuato attraverso un costo da pagare insieme alle bollette dell’energia elettrica.

Analizzando il DDL, nella lettera A dell’articolo 5 si prevede l’abolizione di due articoli (l’articolo 17 e l’articolo 20 della legge Gasparri). Il primo di questi riguarda proprio il limite di affollamento pubblicitario che attualmente non può eccedere il 4% dell’orario settimanale di programmazione ed il 12 per cento di ogni ora.

Rimuovere questo limite significherebbe aumentare le entrate per le casse della Rai rendendo così superfluo il pagamento del canone.

Fonte: In arrivo l’abolizione del canone RAI
(www.StudioCataldi.it)

Il decreto “Orlando” sul PCTby Studio Legale Padula

Dopo una attesa durata qualche giorno (ed alcune notti), è stato finalmente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (n. 144 del 24/06/2014), il decreto legge (n. 90) contenente “misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari“.

Tra le predette “misure”, quelle previste dal Capo II (art. 44 e ss.) si occupano specificamente del PCT, conformemente a quanto già preannunciato dal ministro Orlando nella propria lettera del 10/06/2014 (e per tale ragione ci riferiremo specificamente a tali norme parlando di “DL Orlando”), disponendo in particolare quanto segue.

1) Il PCT a partenza modulata.
Modificando in extremis l’art. 16 bis del DL n. 179/2012, il DL “Orlando” (art. 44, co. 1) prevede che il PCT sarà obbligatorio per i procedimenti instaurati in Tribunale a far data dal 30 giugno 2014, mentre per quelli già pendenti a tale data il PCT sarà facoltativo fino al 30 dicembre 2014 (per diventare obbligatorio dal 31/12/2014): la norma si premura di precisare, forse inutilmente, che chi si avvale di tale facoltà di deposito telematico, non è poi obbligato a depositare anche in cartaceo. Con riferimento ai procedimenti già pendenti al 30/06/2014, sono opportune due precisazioni: 1) anche per essi, è possibile anticipare l’obbligatorietà del PCT mediante DM Giustizia (co. 2 art. 44 cit.); 2) probabilmente (ma l’interpretazione è discussa e discutibile) la facoltatività del deposito telematico non è generalizzata ma subordinata ai decreti emanati dalla DGSIA ai sensi dell’art. 35 DM n. 44/2011, visionabili per ciascun ufficio giudiziario sul portale dei servizi telematici del ministero: ciò significa, ad esempio, che nei procedimenti di cognizione già pendenti al 30/06/2014 avanti al Tribunale di Modena sarà possibile depositare facoltativamente tramite PCT esclusivamente le comparse conclusionali e memorie di replica ex art. 190 cpc, come appunto stabilito nel relativo decreto DGSIA.; altrettanto esemplificativamente, quella facoltà di deposito telematico non sarà esercitabile in quei Tribunali che non hanno ricevuto dalla DGSIA alcuna autorizzazione al deposito di atti di parte in via anticipata rispetto all’originaria data del 30 giugno 2014.

2) PCT obbligatorio anche per le Corti d’appello.
Introducendo il comma 9-ter all’art. 16 bis DL 179/2012, il DL “Orlando” cit. (art. 44 co. 2) stabilisce che “A decorrere dal 30 giugno 2015 nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi alla corte di appello, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche“, fatta salva la possibilità di anticipare detta data mediante “uno o più decreti aventi natura non regolamentare, da adottarsi sentiti l’Avvocatura generale dello Stato, il Consiglio nazionale forense ed i consigli dell’ordine degli avvocati interessati, il Ministro della giustizia, previa verifica, accertata la funzionalità dei servizi di comunicazione”.

3) I difensori delle pubbliche amministrazioni.
Modificando l’art. 16 bis del DL n. 179/2012, il DL “Orlando” cit. prevede altresì (art. 44 co. 2) che l’obbligo del PCT non riguarderà le pubbliche amministrazioni che sono costituite in giudizio personalmente a mezzo dei propri dipendenti (si pensi alle impugnazioni delle contravvenzioni al codice della strada nonché alle ipotesi di cui all’art. 116 co. 3 codice di rito amministrativo).

4) La sottoscrizione del verbale di udienza.
Modificando l’art. 126 co. 2 cpc e l’art. 207 co. 2 cpc, il DL “Orlando” cit. (art. 45) elimina l’obbligo di sottoscrizione del verbale da parte dei terzi (ad es., testi, CTU). Previsione assai opportuna, se si pensa al c.d. verbale d’udienza telematico e alle difficoltà (o addirittura impossibilità) per i terzi di sottoscrivere digitalmente detto verbale, con soluzioni variamente adottate dai vari protocollo PCT in sede locale.

5) La comunicazione di cancelleria della sentenza.
Modificando l’art. 133 co. 2 cpc, il DL “Orlando” cit. (art. 45) dispone che la comunicazione di cancelleria avente ad oggetto la sentenza, non è limitata al solo dispositivo ma alla versione integrale della sentenza stessa (ciò si coordina con quanto stiamo per vedere a proposito dei poteri di autentica degli avvocati).

6) Le notifiche telematiche in proprio: l’autorizzazione del COA e le marche.
Modificando l’art. 1 L. n. 53/1994, il DL “Orlando” cit. (art. 46) elimina il pre-requisito dell’autorizzazione del COA di appartenenza per poter effettuare notifiche in proprio a mezzo PEC. Tale modifica si è resa necessaria a seguito della recente giurisprudenza in tema di avvocato extra districtum, come scritto qua: agli stessi fini, si è opportunamente precisato che le notifiche in cancelleria si effettuano solo quando non sia possibile, per causa imputabile al solo destinatario, la notificazione a mezzo PEC. Coerentemente, è anche abolito l’obbligo di indicare nella relata di notifica telematica l’autorizzazione del COA di appartenenza (art. 3 bis, co. 5, lett. b, L. n. 53/1994), perché appunto non più obbligatoria. Altrettanto opportunamente, si è abolito il riferimento ai presupposti per ottenere l’autorizzazione del COA (art. 7 L. n. 53/1994): gli avvocati potranno quindi notificare in proprio a mezzo PEC non solo senza bisogno di essere autorizzati dal COA, ma anche se sottoposti a procedimento disciplinare ovvero se questo si sia già concluso con una sanzione pari almeno alla sospensione. Infine, modificando l’art. 10 L. n. 53/1994, il DL “Orlando” cit. elimina l’obbligo di corrispondere le marche per le notifiche telematiche in proprio.

7) L’orario del deposito.
Modificando il comma 7 bis all’art. 16 bis DL n. 179/2012, il DL “Orlando” cit. (art. 51, co. 2) stabilisce che il deposito telematico può essere effettuato entro le ore 24 del giorno di scadenza, così espressamente superando il disposto di cui all’art. 13 DM 44/2011, che prevedeva –forse illegittimamente– il termine anticipato delle ore 14.

8) Il deposito di buste multiple.
Il DL “Orlando” cit. (art. 51, co. 2) stabilisce che, nel caso in cui il “peso” dei file da depositare telematicamente ecceda il limite di capacità della busta (30 MB, che si riducono di fatto a circa 25 MB se si considera il file XML ed il peso aggiuntivo delle firme digitali e della relativa criptazione), si può procedere ad un invio di buste multiple, che devono considerarsi tempestive se depositate (tutte) entro il termine (ore 24 del giorno di scadenza).
La previsione de qua, conforme a quanto già stabilito dalle prassi locali, è comunque assai opportuna, giacché i protocolli PCT dei vari tribunali, se erano sicuramente idonei a risolvere il problema delle memorie 183 cpc (stabilendo che l’ultima busta multipla va depositata entro il termine di decadenza), non erano invece sufficienti a risolvere il problema relativo ad esempio al deposito multiplo dell’atto di costituzione in giudizio nel rito del lavoro, potendo infatti ritenersi che il deposito della prima busta integrasse e consumasse la costituzione in giudizio ditalché i depositi successivi fossero da considerarsi tardivi: l’espressa previsione normativa risolve ora il problema con buon senso (che però finora non bastava a derogare senz’altro alla legge neppure se inserito in best practices).

9) Il potere di autentica delle copie.
Introducendo il comma 9 bis all’art. 16 bis DL n. 179/2012, il DL “Orlando” cit. (art. 51, co. 2) stabilisce che i file degli atti e dei provvedimenti (quindi non pure dei documenti) presenti nel fascicolo d’ufficio informatico “equivalgono all’originale” ed il difensore (oltre che l’ausiliare del giudice) può attestarne la conformità ai corrispondenti atti contenuti nel fascicolo stesso, con la conseguente possibilità di essere direttamente utilizzati ai fini ad esempio della notifica. Molto opportunamente, lo stesso articolo prevede che detta operazione di autentica è esente dal pagamento delle marche per copia.

10) Per le altre novità, introdotte in sede di conversione in legge del DL in parola, consulta questo articolo.

Le modifiche del DL abortite prima di vedere la luce in Gazzetta Ufficiale
(e poi reintrodotte in sede di conversione del DL)

Rispetto alla bozza di DL circolata informalmente nei giorni immediatamente precedenti alla pubblicazione in GU del decreto stesso, si rileva la mancata approvazione finale delle seguenti modifiche, poi opportunamente reintrodotte in sede di conversione del DL stesso.

11) La PEC da indicare nel cappello dell’atto di costituzione in giudizio.
La bozza del DL “Orlando” cit. aveva inizialmente previsto l’eliminazione dell’obbligo per il difensore di indicare nell’atto di costituzione in giudizio la propria PEC (ex art. 125 cpc) ai fini delle comunicazioni di Cancelleria a pena di una sanzione rapportata al contributo unificato, come previsto dall’art. 13 co. 3 bis DPR 115/2002 (sanzione di cui coerentemente si prevedeva l’abrogazione da parte della medesima bozza del DL “Orlando” cit.).
La modifica in parola, poi abortita nella versione definitiva del DL approdata in GU, sarebbe stata opportuna, giacché le comunicazioni di cancelleria vengono effettuate alla PEC risultante dal REGINDE, sicché quell’obbligo era non solo inutile (nella parte in cui imponeva di indicare un indirizzo PEC uguale a quello del REGINDE), ma addirittura dannoso (nella parte in cui ingenerava nell’avvocato l’erroneo affidamento che avrebbe ricevuto le comunicazioni di cancelleria a quell’indirizzo e non a quello risultante dal Regine ove diversi: si pensi all’ipotesi in cui l’avvocato cambi la PEC al di fuori della finestra temporale consentita per le modifiche del Reginde, cioè dal 1° al 31 gennaio e dal 1° al 31 luglio).
AGGIORNAMENTO: L’eliminazione dell’obbligo in parola è stata ripristinata in sede di conversione, come riportato in questo articolo.

12) Il tempo delle notifiche telematiche.
La bozza del DL “Orlando” cit. aveva introdotto l’art. 16 septies DL n. 179/2012, stabilendo -a mo’ di interpretazione autentica- che l’art. 147 cpc si sarebbe applicato alle notifiche telematiche in proprio, le quali pertanto si sarebbero potute effettuare dalle 7 alle 21. La previsione de qua -poi come detto abortita prima di vedere la luce in Gazzetta Ufficiale- era opportuna, come auspicato in questo articolo. Tale mancata previsione lascia quindi aperta la questione se l’aert. 147 cit. si applichi o meno alle notifiche telematiche in proprio.
AGGIORNAMENTO: La previsione in parola è stata ripristinata in sede di conversione, come riportato in questo articolo.

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Mappa concettuale sulle novità introdotte dal DL “Orlando” sul PCT
(clicca sull’immagine per ingrandirla)

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Niente più alimenti a chi ha una nuova famiglia di fattoby Studio Legale Padula

La Cassazione: di fronte a unioni stabili decade il diritto al mantenimento. Anche gli enti pensionistici stanno studiando come adeguarsi alla novità

Cattive notizie per chi conta sull’assegno di mantenimento. La Corte di Cassazione è tornata sul tema del diritto agli alimenti, e ha precisato meglio un concetto già avanzato nel 2011: nei casi in cui uno dei due ex coniugi – e le statistiche dicono che è quasi sempre l’ex marito a versare e la ex moglie a incassare – si sia rifatto una famiglia, anche se è una convivenza di fatto e non è un secondo matrimonio in piena regola, ebbene, il diritto all’assegno di mantenimento decade.

Con la sentenza 17195 del 2011, la Cassazione aveva già stabilito il principio che il subentrare di una famiglia di fatto faceva cadere la necessità economica del mantenimento da parte dell’ex coniuge. In quel caso si stabiliva però che siccome una famiglia di fatto è temporanea per definizione, allora anche la sospensione dell’assegno di mantenimento sarebbe stata temporanea e non definitiva, tantomeno automatica. Con la sentenza 6855 del 3 aprile 2015, la Prima sezione civile della Cassazione va oltre e riconosce molta più forza di un tempo alla famiglia di fatto, che – scrivono – non consiste «soltanto nel convivere come coniugi, ma indica prima di tutto una “famiglia” portatrice di valori di stretta solidarietà, di arricchimento e sviluppo della personalità di ogni componente, e di educazione e istruzione dei figli».

Quando la famiglia di fatto è qualcosa di serio, dunque, la Cassazione riconosce che «il parametro dell’adeguatezza dei mezzi rispetto al tenore di vita goduto durante la convivenza matrimoniale non può che venir meno di fronte all’esistenza di una vera e propria famiglia, ancorché di fatto». Ma quando la famiglia di fatto diventa stabile? Quando i conviventi elaborano «un progetto e un modello di vita in comune». Magari con figli. «E non si deve dimenticare che obblighi e diritti dei genitori nei confronti dei figli sono assolutamente identici in abito matrimoniale e fuori dal matrimonio». Ecco, secondo la Cassazione quella convivenza non è più una meteora.

Chi paga, quanto paga

È questo il nuovo caposaldo giuridico: se l’ex coniuge si ricostruisce una vita, anche se questa non passa nuovamente per un matrimonio, è da considerarsi come una nuova stabilità. E da questo punto di vista, la decadenza dell’assegno di mantenimento, pur clamorosa, può essere considerato un mero effetto collaterale. Già, perché la sentenza 6855 è soprattutto un altro mattone alla giurisprudenza che fortifica la famiglia di fatto in Italia. La sentenza è divenuta oggetto di studio addirittura negli enti pensionistici, perché le ricadute potrebbero essere enormi, mettendo in forse le regole sulle pensioni di reversibilità: qualora il coniuge sopravvissuto torni a ricostruirsi una famiglia, sia pure di fatto e non di diritto, e quindi non fosse più da considerarsi un vedovo/vedova, ha diritto ancora ad incassare l’assegno di reversibilità? E di contro: il convivente sopravvissuto all’altro convivente, se la famiglia di fatto è equiparata a quella di diritto, non avrà forse diritto al vitalizio di reversibilità? Quesiti. A cui la politica tarda a dare risposte e una volta di più spetta alla magistratura supplire.

Fonte: (Da La Stampa del 13/4/2015)

http://www.lastampa.it/2015/04/13/italia/i-tuoi-diritti/famiglia-e-successioni/niente-pi-alimenti-a-chi-ha-una-nuova-famiglia-di-fatto-eFqStg9IcHUunRp1Ok7auN/pagina.html

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