Archive for Giugno, 2014

A una settimana dal debutto si aggira lo spettro della “copia di cortesia”by Studio Legale Padula

A pochi giorni dal 30 giugno, data in cui – secondo le originarie previsioni – il processo civile telematico sarebbe dovuto divenire obbligatorio, regna la incertezza più assoluta non tanto sulla tempistica (sembra assodato, anche se manca ancora il crisma dell’ufficialità, che il deposito telematico degli atti endoprocessuali sarà obbligatorio solo nelle cause iniziate dal primo luglio) quanto su alcune concrete modalità di attuazione della rivoluzione informatica.

I rilievi di Anm e Csm – Con un “uno due” degno della migliore tecnica boxistica, prima la Associazione Nazionale Magistrati e poi il Consiglio Superiore della Magistratura hanno evidenziato una serie di criticità che renderebbero impraticabile l’immediato passaggio al digitale e suggerirebbero la opportunità di mantenere, sia pure transitoriamente, il fascicolo cartaceo.
Le ragioni sarebbero da ricercare nella attuale inadeguatezza delle dotazioni software ed hardware di cui dispongono gli uffici e i singoli magistrati.
Questi ultimi, in particolare, rischierebbero di mettere a repentaglio la propria professionalità e la propria salute se non potessero più avvalersi del formato cartaceo per lo studio della causa e la redazione dei provvedimenti (si veda il documento di sintesi della posizione espressa da Anm nella riunione di fine maggio del tavolo tecnico istituito presso il ministero).

Per risolvere il problema, è necessario per il Csm:
a) «garantire in via primaria la capacità di stampa degli uffici, quanto meno attraverso l’urgente fornitura di stampanti veloci, carta e toner»;
b) «la diffusione di quelle buone prassi che prevedono l’applicazione di protocolli organizzativi concordati con gli ordini professionali e diretti a garantire l’acquisizione delle copie degli atti e dei documenti prodotti telematicamente (disciplina del deposito della c.d. copia di cortesia)»;
c) la diffusione di protocolli interpretativi diretti a regolare l’applicazione dell’articolo 16 bis comma nono del decreto legge 179/2012, a mente del quale «Il giudice può ordinare il deposito di copia cartacea di singoli atti e documenti per ragioni specifiche».

Quanto al metodo, si fa fatica a comprendere come sia stato possibile giungere a ridosso della scadenza per accorgersi della presunta impraticabilità della definitiva conversione al digitale senza gli adeguati investimenti – almeno stando agli esiti della indagine effettuata dal Csm – e farebbe molto bene il Ministro, che sul pct ha puntato tantissimo, a ricercare le responsabilità e ad adottare i consequenziali provvedimenti.
Nel merito, la questione è surreale.
Intanto, sarebbe opportuno evitare di proporre soluzioni “temporanee” per la nota attitudine, almeno nel nostro paese, a divenire definitiva ogni misura emergenziale ed a tempo determinato.

La “copia di cortesia” – In secondo luogo, pur stando a cuore di tutti la professionalità e la salute dei magistrati, non può essere un rimedio la cosiddetta “copia di cortesia”, e ciò per due ordini di ragioni: scopo del processo civile telematico è quello di rendere più efficiente la giustizia anche attraverso una sua dematerializzazione, mentre l’auspicato doppio binario condanna al fallimento l’ambizioso progetto; inoltre, lo Stato non può costringere gli avvocati ad investire nella informatizzazione, pensare di ridurre l’orario di apertura delle cancellerie, immaginare di aumentare per l’ennesima volta il costo del contributo unificato (a dispetto delle dichiarazioni della attuale maggioranza che ha promesso di ridurle le tasse e non, invece, di aumentarle) ed infine chiedere al cittadino – se vuole accedere al servizio giustizia – di sostenere anche i costi della copia di cortesia.
Se il fascicolo cartaceo è essenziale per la salvaguardia della professionalità dei giudici, il ministero si faccia carico dei relativi costi; se non lo è, i magistrati (al pari di avvocati e cancellieri) dovranno gradualmente abituarsi alle nuove modalità di lavoro.
In nessun caso potranno giustificarsi soluzioni che tradiscano lo spirito della riforma e gravino ancora una volta sull’utenza.
E non sembra neppure percorribile la strada dei protocolli locali, che non possono elevare a regola generale quanto dalla legge è relegato a mera eccezione.
L’articolo 16 bis comma 9 del decreto legge 179/2012, infatti, consente al Giudice di chiedere la produzione in formato cartaceo di «singoli atti e documenti» quando ciò sia dettato da specifiche esigenze: e non potrà dar luogo a problemi interpretativi una norma che è stata pensata e voluta dal legislatore per consentire la acquisizione al fascicolo processuale solo ed esclusivamente di quei documenti il cui formato (si pensi al referto di una radiografia ovvero alle tavole di un elaborato progettuale) non consenta la digitalizzazione ovvero la agevole consultazione a video.
Ci auguriamo, quindi, che il Ministro, al quale va il plauso per aver continuato a credere in un progetto che è in perfetta sintonia con il “Piano d’azione pluriennale 2014 – 2018 in materia di giustizia elettronica europea”, approvato dal consiglio d’Europa e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 14 giugno 2014, non avalli la istituzionalizzazione di una prassi allo stato ancora embrionale, e cioè quella della copia cartacea di cortesia, tanto più se dovesse essere confermata la decisione di modulare i tempi di attuazione delle riforma: la limitazione della obbligatorietà alle sole cause iniziate dopo il 30 giugno darebbe al ministero il tempo necessario al potenziamento degli uffici auspicato dal Csm e consistente nella loro dotazione di migliori stampanti, toner e carta.

Fonti: http://www.diritto24.ilsole24ore.com/art/guidaAlDiritto/dirittoCivile/2014-06-23/settimana-debutto-aggira-spettro-104320.php

Professionisti non sanzionabili se non accettano carte di debitoby Studio Legale Padula

In caso di mancata accettazione dei pagamenti mediante carte di debito, nessuna sanzione potrà essere irrogata nei confronti dei professionisti. È quanto emerge dalla risposta all’interrogazione parlamentare dell’11 giugno 2014 n. 5-02936.

Norma introdotta sin dal 2012 – Con il cosiddetto “Decreto crescita bis” (Dl179/2012) era stato previsto all’articolo 15, comma 4, che, a decorrere dal 1° gennaio 2014, i soggetti che effettuano l’attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, sarebbero stati tenuti ad accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito. Il successivo comma 5, poi, demandava, a successivi decreti interministeriali la definizione degli eventuali importi minimi, delle modalità e dei termini, anche in relazione ai soggetti interessati, di attuazione della disposizione precedenti, nonché l’eventuale estensione degli obblighi a ulteriori strumenti di pagamento elettronici anche con tecnologie mobili. In attuazione di tale comma 5 era stato emanato il decreto interministeriale 24 gennaio 2014, con il quale, tra l’altro, era stato stabilito, all’articolo 2, che l’obbligo di accettare pagamenti effettuati attraverso carte di debito si sarebbe applicato a tutti i pagamenti di importo superiore a trenta euro per l’acquisto di prodotti o la prestazione di servizi. Tuttavia, il secondo comma di tale articolo 2 disponeva che, in sede di prima applicazione e fino al 30 giugno 2014, l’obbligo di accettazione dei pagamenti mediante carte di debito si sarebbe applicato limitatamente ai pagamenti effettuati a favore dei soggetti con fatturato superiore a 200.000 euro. Con l’articolo 9, comma 15-bis, del Dl 150/2013, però, il legislatore, intervenendo direttamente sulla norma primaria di cui all’articolo 15, comma 4, del DL 179/2012, aveva poi prorogato, per tutti, al 30 giugno 2014 il termine di entrata in vigore dell’obbligo di accettazione dei pagamenti mediante carte di debito.

Il tentativo fallito del ricorso al Tar – Avverso il decreto interministeriale 24 gennaio 2014, il Consiglio nazionale degli architetti aveva presentato ricorso al Tar del Lazio, il quale, tuttavia, aveva stabilito che il provvedimento sembra rispettare i limiti contenutistici ed i criteri direttivi fissati dalla fonte legislativa e, per questo, era stata respinta l’istanza cautelare richiesta dagli architetti (Ordinanza 30 aprile 2014 n. 1932).

Circolare interpretativa del Cnf – Anche il Consiglio nazionale forense, con la circolare 10-C del 20 maggio 2014, aveva evidenziato che la disposizione in parola introduce un onere, piuttosto che un obbligo giuridico, e il suo campo di applicazione è necessariamente limitato ai casi nei quali sono i clienti a richiedere all’avvocato di potersi liberare dall’obbligazione pecuniaria a proprio carico per il tramite di carta di debito. Ipotesi che, considerate le prassi in uso nei fori, per molti professionisti potrebbe anche non verificarsi mai. In ogni caso, qualora il cliente dovesse effettivamente richiedere di effettuare il pagamento tramite carta di debito, e l’avvocato ne fosse sprovvisto, si determinerebbe semplicemente la fattispecie della mora del creditore, che, come noto, non libera il debitore dall’obbligazione. Nessuna sanzione è infatti prevista in caso di rifiuto di accettare il pagamento tramite carta di debito.

Onere ma non obbligo di accettare i pagamenti elettronici – Il Ministero, con la risposta all’interrogazione parlamentare, ha ricordato che in Italia è largamente diffuso l’utilizzo del denaro contante per effettuare pagamenti, laddove invece negli altri paesi europei risulta molto più utilizzata la cosiddetta “moneta elettronica”, ovvero l’impiego di strumenti di pagamento costituiti da carte di debito e di credito, come confermato anche dalla Banca d’Italia. Ciò posto, il Ministero ha confermato che, in effetti, come sostenuto dal Cnf, la norma in oggetto sembrerebbe introdurre un onere piuttosto che un obbligo, in quanto, come osservato nella predetta circolare degli avvocati, il legislatore non ha previsto alcuna sanzione a carico dei professionisti che non dovessero predisporre la necessaria strumentazione a garanzia dei pagamenti effettuabili con moneta elettronica.

 

Fonte: http://www.diritto24.ilsole24ore.com/art/guidaAlDiritto/dirittoCivile/2014-06-24/professionisti-sanzionabili-accettano-carte-115232.php

Arriva il caro processo: alzate tutte le tasse sulle litiby Studio Legale Padula

Andrea Bassi
21-Giugno-2014
L’intenzione è buona. Rendere finalmente operativo il processo telematico, con l’obbligo di depositare gli atti processuali solo in copia digitale. La conseguenza è che per farlo sarà necessario trovare dei soldi.

Un bel po’ di soldi, 36 milioni di euro solo quest’anno e altri 110 milioni di euro a partire dal prossimo anno. Non proprio spiccioli. Per questo il governo ha deciso di finanziare il processo telematico aumentando il cosiddetto «contributo unificato» una sorta di tassa che chiunque chieda l’iscrizione a ruolo di una controversia è tenuto a versare. Quella per i processi di minor valore, fino a mille euro, oggi è di 37 euro. Dalla pubblicazione in Gazzetta della Riforma della pubblica amministrazione, dove le norme sul processo telematico sono state inserite, il contributo unificato salirà di cinque euro a 43 euro.

Per i procedimenti che hanno un valore compreso tra i 1.100 e i 1.200 euro, il rincaro sarà di tredici euro, da 85 a 98 euro. Man mano che si sale nel valore economico delle cause l’aumento si fa più consistente. Per le controversie comprese tra 5.200 e 26 mila euro, il rincaro è di 31 euro. Si pagheranno infatti 237 euro. Quasi di 100 euro, da 660 a 759 euro, il ritocco della tariffa per le cause con un valore ricompreso tra i 52 mila e i 260 mila euro.

L’incremento massimo è, ovviamente, per le controversie di valore più elevato, quelle superiori a 520 mila euro. Per queste cause il contributo unificato sarà aumentato di 220 euro, da 1.466 euro a 1.686 euro. Rincari sono previsti anche per i processi di esecuzione immobiliare, che saliranno da 242 a 278 euro, e per i procedimenti di opposizione agli stessi atti esecutivi, che rincareranno di 22 euro.

LE PROTESTE
Intanto continuano le proteste per la soppressione delle sedi distaccate dei Tar, altra norma inserita nella riforma del ministro Marianna Madia. Dopo Brescia è stata ieri la volta di Catania. Il sindaco Enzo Bianco ha convocato per lunedì prossimo in Comune, la deputazione della Sicilia orientale e i rappresentanti del mondo produttivo e sindacale per concordare «un’azione comune e super partes per difendere il Tar di Catania che, con quattro sezioni, è il terzo in Italia, serve cinque province su nove e rappresenta un modello di efficienza».

L’idea è quella di riunire le forze in un’unica direzione per sensibilizzare le istituzioni a tutti i livelli contro la chiusura del tribunale amministrativo. Il sindaco ha ricordato di aver già parlato con due importanti esponenti del governo Renzi come Graziano Delrio e Angelo Rughetti, che incontrerà a metà settimana per discutere dell’annunciato taglio del tribunale etneo.

Fonti : http://m.ilmessaggero.it/m/messaggero/articolo/economia/756412

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